Assago, arriva profilo del killer: cosa pensava prima di andare al Carrefour

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Un uomo solo, divenuto progressivamente violento e pericoloso anche per se stesso, tanto da temere per la sua stessa incolumità. Questo il profilo di Andrea Tombolini, il 46enne che al centro commerciale di via Milanofiori ad Assago si è impadronito di un coltello nel supermercato Carrefour e ha ferito sei persone, purtroppo uccidendone una.

Emerge dall’interrogatorio cui l’aggressore di Assago è stato sottoposto una volta recuperata definitivamente la capacità di intendere e di volere. Al momento del fermo, infatti, Tombolini nemmeno risultava in grado di formulare frasi di senso compiuto. Nel frattempo questo è invece successo, e gli inquirenti hanno potuto stabilire che cosa funzionasse nella mente dell’uomo, come si può leggere anche sulle colonne del ‘Corriere della Sera’.

Le vicissitudini di Andrea Tombolini erano iniziate ben prima delle fatidiche 18:35 di giovedì 27 ottobre, ora e giorno in cui è entrato al Carrefour di Assago, si è impadronito del coltello e si è abbandonato al fatale raptus (durato in tutto non più di un minuto). Dal lontano 2013 viveva infatti in un palazzo Aler, insieme ai genitori ormai anziani. Non aveva amici, relazioni sentimentali, lavoro, profili social, parlava poco con tutti e la sua violenza era cresciuta negli anni. Quando era diventato anche ipocondriaco, convinto di soffrire di un tumore che lo avrebbe presto ucciso.

Il ‘Corriere della Sera’ parla anche del padre, che lo definiva “troppo silenzioso“, o della madre per cui stava “troppo sempre in disparte“. Secondo un vicino di casa “al massimo si fermava a parlare di politicace l’aveva sempre con tutti, destra e sinistra”. E proprio in casa, qualche giorno prima dei fatti di Assago, qualcosa aveva fatto sospettare che Tombolini stesse iniziando a contenere la propria rabbia con troppa fatica. Proprio il padre aveva infatti chiamato la polizia alle 18:30 del 18 ottobre, dopo che il figlio aveva spintonato lui e la madre. All’arrivo delle forze dell’ordine tutto si era risolto, ma secondo una vicina di casa l’anziano uomo avrebbe urlato in precedenza: “Io a 80 anni non voglio essere ammazzato da te“.

Un uomo solo, divenuto progressivamente violento e pericoloso anche per se stesso, tanto da temere per la sua stessa incolumità. Questo il profilo di Andrea Tombolini, il 46enne che al centro commerciale di via Milanofiori ad Assago si è impadronito di un coltello nel supermercato Carrefour e ha ferito sei persone, purtroppo uccidendone una.

Emerge dall’interrogatorio cui l’aggressore di Assago è stato sottoposto una volta recuperata definitivamente la capacità di intendere e di volere. Al momento del fermo, infatti, Tombolini nemmeno risultava in grado di formulare frasi di senso compiuto. Nel frattempo questo è invece successo, e gli inquirenti hanno potuto stabilire che cosa funzionasse nella mente dell’uomo, come si può leggere anche sulle colonne del ‘Corriere della Sera’.

Le vicissitudini di Andrea Tombolini erano iniziate ben prima delle fatidiche 18:35 di giovedì 27 ottobre, ora e giorno in cui è entrato al Carrefour di Assago, si è impadronito del coltello e si è abbandonato al fatale raptus (durato in tutto non più di un minuto). Dal lontano 2013 viveva infatti in un palazzo Aler, insieme ai genitori ormai anziani. Non aveva amici, relazioni sentimentali, lavoro, profili social, parlava poco con tutti e la sua violenza era cresciuta negli anni. Quando era diventato anche ipocondriaco, convinto di soffrire di un tumore che lo avrebbe presto ucciso.

Il ‘Corriere della Sera’ parla anche del padre, che lo definiva “troppo silenzioso“, o della madre per cui stava “troppo sempre in disparte“. Secondo un vicino di casa “al massimo si fermava a parlare di politicace l’aveva sempre con tutti, destra e sinistra”. E proprio in casa, qualche giorno prima dei fatti di Assago, qualcosa aveva fatto sospettare che Tombolini stesse iniziando a contenere la propria rabbia con troppa fatica. Proprio il padre aveva infatti chiamato la polizia alle 18:30 del 18 ottobre, dopo che il figlio aveva spintonato lui e la madre. All’arrivo delle forze dell’ordine tutto si era risolto, ma secondo una vicina di casa l’anziano uomo avrebbe urlato in precedenza: “Io a 80 anni non voglio essere ammazzato da te“.

Nato a Valencia il 31 agosto del 1993, Pablo marì Villar è un calciatore spagnolo. 193 cm per 87 kg, il difensore centrale – di piede mancino, forte fisicamente e abile nel gioco aereo – comincia il suo percorso calcistico nelle giovanili del Maiorca. A 18 anni esordisce in Liga e nel 2013 passa al Gimnàstic. Tre anni più tardi è al Manchester City, che lo cede subito in prestito al Girona. E’ il 2019 quando arriva al Flamengo ma solo sei mesi più tardi passa in prestito all’Arsenal, dove resta fino al termine della stagione. Dopo averlo riscattato, il club inglese lo cede in prestito all’Udinese prima e al Monza poi. Con quest’ultima debutta in Serie A il 13 agosto 2022 e il 9 ottobre segna il suo primo gol nel match contro lo Spezia, vinto dai brianzoli per 2 a 0. Il 27 ottobre 2022 Marì è tra le vittime di un accoltellamento presso il Carrefour del centro commerciale di Assago. Ricoverato a Niguarda con ferite alla schiena, il calciatore si salva miracolosamente. Sposato con Veronica, la coppia ha un figlio di nome Pablo, detto Pablito.

E il 18 ottobre è anche il giorno in cui Andrea Tombolini accettò di andare in ospedale, sebbene “per una gastrite” e non per i propri problemi psichici, di rabbia e di umore. Fu in quella circostanza che, dall’interno dell’ambulanza, iniziò a prendersi a pugni in faccia da solo. I medici gli prescrissero dunque una “valutazione psichiatrica consigliata“, cui l’uomo decise di sottrarsi all’ultimo momento. Tale visita fu poi spostata al 7 novembre, come l’ospedale San Paolo ricordò in un appunto datato 26 ottobre. Solo il giorno dopo, però, è arrivata l’aggressione di Assago. Con l’agghiacciante confessione: “Avevo preso un coltello per farla finita, avevo intenzione di colpirmi. Poi ho visto le persone e ho deciso di colpire loro per sopprimere la mia rabbia. Ho provato invidia, perché loro stavano bene e io sto male. E credo di dover morire“.